Sulla mia carriera da videogiocatore pesano ormai 4 generazioni videoludiche. Non sono tante, ma tutto sommato neanche così poche. Per un bel po’ di tempo è mancata ovviamente la consapevolezza di quello che stavo facendo, di quello che giocavo, la capacità di capire certe scelte di game direction, o di scrittura.

Ovvio, dai 4 ai 10 anni pensare a discorsi di quel tipo è un po’ difficile, anche se esempi di approccio al videogioco in maniera sensata a quell’età ci sono, soprattutto oggi (un grande esempio è la newsletter CrossGen). Nessuno in famiglia videogiocava, se non qualche platform molto saltuariamente, quindi non ho avuto qualcuno in grado di guidarmi con consapevolezza, e di conseguenza mi sono perso grandi perle della quinta e sesta generazione, alcune che ancora oggi occupano il mio backlog. Tutto ciò per dire che mi sono perso la grande wave dei JRPG, fatta eccezione per Pokémon (si amici, è un JRPG anche quello, mettetevi il cuore in pace), e ho sempre ritenuto questo genere noioso e “non fatto per me“.

Siamo ora nel 2025, ormai sono passati anni, Pokémon di GameFreak ormai è praticamente uno zombie (piango), e Sandfall Interactive pubblica Clair Obscur: Expedition 33.

Uno studio neonato francese, è quindi riuscito dove 20 anni di studi giapponesi hanno fallito.

Gli elementi che mi hanno convinto a provarlo sono principalmente 3:

  1. Come detto prima, è un genere poco conosciuto dal sottoscritto, e come forse già detto in altri articoli ho voglia di uscire dalla mia zona di comfort.
  2. La direzione artistica è fuori dal comune: dal trailer appena vidi l’impatto grafico a schermo ero estasiato, poi hanno fatto vedere il gameplay, e ricordo la sensazione di delusione: non sarebbe stato un gioco per me (e invece).
  3. Era su GamePass. Quale scusa migliore se non giocare a qualcosa di intrigante? Tra l’altro si riconferma quanto questa offerta di Microsoft sia non solo vantaggiosa (basta fare 2 calcoli per capire quanto si può risparmiare all’anno giocando anche sono 3/4 titoli a catalogo), ma anche quanto spinga gli utenti a provare qualcosa di nuovo, e questo caso ne è l’esempio perfetto

Appena avviato, Clair Obscur pone davanti al giocatore una delle introduzioni più potenti e struggenti che abbia mai visto in un videogioco: camminare a Lumière, in quella situazione così fuori dal mondo, piena di contrasti, tra la meraviglia della città e ciò che i personaggi stanno per vivere in maniera così consapevole, fino a che non succede davvero, e tutto assume un senso nuovo.

Il giocatore è costretto a vivere questa situazione venendo catapultato in medias res, senza troppo contesto, vivendo un’avvenimento così drammatico per i personaggi con cui dovrà passare le prossime ore.

Come se non bastasse, dopo un breve tutorial in cui vengono spiegati a grandi linee oggetti e meccaniche di gioco base, parte la spedizione e… Un altro trauma per i nostri protagonisti, costretti ad affrontare forze di cui erano convinti di sapere quasi tutto, ma che si rivelano di tutt’altra risma.

Come si dice, dare un tono alla scena no?

Sulla narrazione mi fermerò qui, ma sappiate che pure in quell’aspetto i ragazzi di Sandfall Interactive hanno puntato molto, non risparmiandosi colpi di scena e trovate molto interessanti, arrivando nel finale a lanciare messaggi veramente potenti, in grado di toccare corde veramente delicate, in una maniera estremamente elegante e d’impatto, implicando anche tematiche abbastanza delicate che sfiorano la vita di tutti.

Decisamente degna di nota è anche la colonna sonora, in grado di immergere ancora di più il giocatore, tratteggiando perfettamente i toni chiaramente francesi della direzione artistica, il tutto composto da Lorien Testard, che lo studio di Montpellier è riuscito a scovare nei meandri di Soundcloud, rimarcando ancora una volta quanto questo progetto sia nato anche dalla volontà di creare qualcosa di nuovo attingendo anche a fonti poco conosciute in modo da esaltare l’originalità dell’opera (ricordo che il team è stato fondato da ex Ubisoft che hanno lasciato l’azienda dopo anni di una direzione a tratti criminale).

Oltre ad un comparto tecnico e artistico decisamente incredibili, Expedition 33 mette in campo un gameplay decisamente degno di nota.


Un’HUD del genere mi avrebbe fatto fuggire in 0.3s fino a 2 mesi fa

Come ho già ripetuto più volte in questo articolo, penso di far parte della categoria più difficile da convincere per lo studio transalpino. L’unica fetta più ostica di quella di cui faccio parte, può essere quella diametralmente opposta: quella frazione di pubblico che di JRPG ne mastica da ormai decenni, e che hanno vissuto l’epoca di Chrono Trigger o di Final Fantasy IX.

Parlerò quindi della mia personalissima esperienza, da profano del genere.

Devo dire che all’inizio della mia avventura avevo i miei dubbi, ma la trappola di un incipit così forte ha funzionato: sono riusciti a convincermi ad insistere per sapere di più su quella maledetta pittrice.

Il gameplay pur essendo tradizionalmente a turni risulta estremamente fluido nelle transizioni tra i personaggi, sfruttando dei quick time event in grado di potenziare attacchi, e in alcune situazioni il gioco ti permette di attaccare a tua volta nel turno del nemico, a seguito della schivata, ad esempio, di una spazzata prontamente segnalata da un simbolo.

Oltre a questo, la trovata che mi ha permesso di godere comunque del combattimento a turni, è quella di permettere al giocatore di scegliere tra la schivata e la parta degli attacchi nemici: la prima ha una finestra ampia, che permette di prendere fiato, risultando in un’opzione più permissiva. La parata invece permette, una volta azzeccato il tempismo ritmato dei vari attacchi nemici, di sferrare un contrattacco molto potente, che risulta estremamente soddisfacente.

Arrivando da ormai 12 anni di SoulsLike, che hanno fatto delle parate e i contrattacchi un grande punto di forza del combat system, penso che sia stata questa la vera ragione che mi ha permesso di godere di questo capolavoro.

Come ciliegina sulla torta, i movimenti di camera durante gli scontri risultano molto dinamici, contribuendo ad alleviare il senso di staticità che caratterizza il combattimento a turni.

Ovviamente, seppure si parla di trovare il pelo nell’uovo, devo parlare di qualcosa con cui ho fatto abbastanza fatica ad abituarmi.

Ho adorato il sistema di potenziamenti sia tramite i più classici livelli, che permettono di aumentare i punteggi di caratteristica come vitalità, forza ecc. , sia tramite i Picto, potenziamenti equipaggiabili dai membri del party, da “allenare” per sbloccarli in versione Lumina, in modo da poterli distribuire tra tutti i personaggi. Detto questo, una gestione più chiara del menù sarebbe stata gradita, e avrebbe agevolato l’apprendimento di questo sistema, in quanto ammetto di essermi perso più volte nella ricerca di specifici Picto o Lumina per finire la build dei miei personaggi.

Nonostante questo, che ripeto essere veramente un difetto minimo nell’economia di un’opera come questa, Clair Obscur: Expedition 33 è riuscito a catturarmi, e a farmi godere qualcosa che non pensavo sarei mai stato in grado di giocare per 30 ore.

Nonostante i miei 27 anni, sono contento quindi di aver imparato ad apprezzare un genere che ritenevo estremamente lontano dai miei gusti, ribadendo anche in ambito videoludico quanto sia importante restare aperti a nuove esperienze.

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