In un periodo storico in cui veniamo tartassati costantemente da informazioni, il mercato videoludico non è da meno.
La quantità di titoli che esce al giorno d’oggi, pur venendo da un 2024 che è stato a conti fatti abbastanza scarno in termini di uscite, mi trovo a dover centellinare le uscite, cercando di riempire quelle, ahimè poche, ore rimaste per il tempo libero (ripeti con me, il lavoro ti serve per vivere; il lavoro ti serve per vivere; il lavoro ti serve per vivere; il lavoro ti serve per viv-).
D’altronde il fatto che il primo e ultimo articolo presente su questo sito sia ancora una presentazione del sito stesso, denota una certa mancanza di tempo ed energie dopo le giornata lavorativa. Tutto questo per arrivare a parlare non solo dei pochi titoli che ormai riesco a giocare, ma anche come, dopo 27 anni, stia cercando di trovare anche nuovi stimoli che questo medium può offrire.
Outer Wilds arriva in questo mare in tempesta come la luce di un faro nella notte.

Ricordo perfettamente le prime ore su Outer Wilds. Il risveglio, le chiacchiere con la popolazione di questo pianeta sconosciuto, un’interazione peculiare con un manufatto alieno, il primo decollo, la prima esplorazione spaziale. Era il 2020.
Dopo quel primo incontro, avvenuto all’epoca grazie al GamePass, decisi di lasciar perdere. Non mi piacque quella meccanica, la trovai ripetitiva (eh si, bravo scemo), e non compresi le potenzialità di quello che avevo davanti.
Passano quindi gli anni, tra i lockdown, il primo lavoro, la prima casa, il mutuo e altri mille casini arriviamo a Dicembre 2024, dove spinto da numerosi consigli, e da una buona offerta su Steam, mi lancio in quella che sarebbe stata una delle esperienze più incredibili che un videogioco può offrire.
Cercherò di fare meno spoiler possibili, per quanto sia difficile. Il gameplay di Outer Wilds è molto semplice: controlli tridimensionali di jetpack e nave spaziale molto intuitivi, due strumenti con funzionalità ben specifiche, un microfono per ascoltare trasmissioni lontane (di sons-of-liberty-ana memoria), e un simpatico drone capace di immortalare con una fotocamera lo spazio attorno a te, e rivelare eventuali pericoli invisibili, e una torcia. Basta.
Questo è quello che serve a questo prodotto per permetterti di arrivare all’obbiettivo, facendo districare il giocatore in quella che oggi potrebbe essere definita una gigantesca escape room, ambientata in un sistema solare con 8 pianeti da esplorare, scoprendo e risolvendo puzzle attraverso espedienti sempre più interessanti, strizzando l’occhio anche a meccaniche viste in The Witness, che sfruttano il semplice movimento di telecamera per risolvere i suddetti enigmi.
È però l’obbiettivo di questa escape room la trovata vincente di Outer Wilds.

Se in un titolo come Dark Souls, il gameplay è quello di un action RPG, e come tale può essere vissuto senza dare importanza alla storia che viene raccontata in silenzio da descrizioni, messaggi e indizi lasciati nell’ambiente di gioco, Outer Wilds prende il focus del gameplay e lo sposta sulla storia da ricostruire: il reward per il giocatore non è più uccidere il boss successivo con l’arma più grossa trovata, ma è direttamente ricostruire quello che è successo, e che sta succedendo in questo universo, cercando di venire a capo di un mistero che tiene alto l’interesse fin dal primo momento in cui ne si capisce la portata.
È forse per questo che 4 anni fa, (ormai quasi 5, dio mio), non avevo apprezzato alcune meccaniche di gioco, perché non avevo avuto la pazienza di arrivare al punto di capire quanto la trama che si dirama tra questi pianeti fosse profonda e toccante.
Outer Wilds richiede pazienza e dedizione in un mondo in cui, ricollegandosi al discorso fatto all’inizio di questo articolo, i contenuti sono sempre più numerosi, e in cui ormai i social network spingono contenuti sempre più veloci e che diano un feedback rapido, per passare subito al prossimo.

In questo periodo storico, i ragazzi di Mobius Digital hanno impacchettato un prodotto che riesce a fare qualcosa che raramente il videogioco ha saputo fare: un’opera che riesce a trasmettere emozioni veramente forti, a far ragionare anche su temi come possono essere l’importanza dei legami tra le persone, di come questi siano centrali in quella che è la vita, e soprattuto che questi possono essere il catalizzatore per andare avanti e cercare nuovi scopi (tematiche trattate tra l’altro con un tatto veramente poco comune purtroppo).
Tutto questo raccolto in un’esperienza che non è riproducibile in alcun modo in altri medium: non esisterà mai un film, serie tv, o libro che possa riprodurre quella che è l’esperienza in prima persona di questo videogioco, il che rende tutto ancora più speciale e, per quanto mi riguarda, estremamente emozionante.
Arriverà sicuramente un altro articolo sul DLC, Echoes of the Eye, (spero non troppo tardi) che ad ora mi sta regalando soddisfazioni altrettanto grandi, anche se in maniera completamente diversa dal gioco principale.
Grazie Outer Wilds per essere una gemma così rara.